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23 luglio 2025

Il Business del Genocidio: Le Multinazionali Complici della Distruzione di Gaza secondo l’ONU

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IL BUSINESS DEL GENOCIDIO
IL BUSINESS DEL GENOCIDIO" e "Le Multinazionali Complici della Distruzione di Gaza Secondo l'ONU" a uno sfondo di edifici distrutti. In primo piano, sono visibili i loghi di diverse aziende come Lockheed Martin, Caterpillar, Chevron, Palantir, Barclays e Booking.com, evidenziando il loro presunto coinvolgimento economico nel conflitto.


Il rapporto esplosivo di Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite, rivela come oltre 60 colossi internazionali contribuiscano direttamente o indirettamente all’economia del genocidio a Gaza. Un’analisi dettagliata su chi guadagna dalla guerra, chi arma l’oppressione e perché tutto questo continua. Un viaggio tra nomi, potere e sangue.


Una guerra che conviene: il genocidio trasformato in impresa


di Corrado Ciachino PhD e Salvatore Calleri NatMed

Il 3 luglio 2025 è una data che, per chi ha il coraggio di guardare in faccia la verità, segna uno spartiacque. Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani nei territori palestinesi occupati, ha presentato un documento che scuote le fondamenta della diplomazia internazionale: “From economy of occupation to economy of genocide”. Non si tratta di accuse generiche. Non è attivismo. È un'analisi chirurgica e documentata che mette sotto accusa oltre 60 aziende globali. Il loro crimine? Alimentare, sostenere, finanziare e trarre profitto dal massacro di Gaza.


La guerra come modello di business

Nel cuore del documento emerge una visione agghiacciante: quella di una “economia del genocidio”, una rete di interessi economici che trasforma l’orrore in un affare. Gaza non è solo bombardata: è smantellata, sezionata e ricostruita in modo selettivo per garantire il profitto di aziende occidentali e israeliane.

“Il genocidio è diventato redditizio, e finché sarà tale, continuerà”, scrive Albanese.

Non si tratta solo di chi fabbrica bombe. Si tratta di chi fornisce i macchinari per radere al suolo le case, di chi costruisce software di sorveglianza, di chi finanzia attraverso fondi, banche e fondi pensione le industrie belliche israeliane. È un sistema interconnesso, oliato dal sangue dei civili palestinesi.


I fornitori della morte: le aziende degli armamenti

Tra i protagonisti del massacro, spiccano giganti dell’industria militare:

  • Lockheed Martin (USA): Fornitore dei jet F‑35, F‑16 e F‑15, protagonisti nei cieli di Gaza.

  • Leonardo (Italia): Partner nel programma F‑35 e fornitrice di sistemi militari avanzati.

  • Elbit Systems (Israele): Droni, sistemi di targeting, tecnologie di sorveglianza.

  • Israel Aerospace Industries: Droni letali e missili di precisione.

  • Fanuc (Giappone): Supporto robotico alla produzione di droni militari.

Ognuna di queste aziende trae profitto diretto dal bombardamento sistematico della Striscia. Non è “difesa”. È partecipazione attiva a una campagna militare definita da numerose organizzazioni internazionali come crimine contro l’umanità.


L’occhio che ti osserva: tech e sorveglianza

Le tecnologie digitali sono diventate armi silenziose, ma non meno devastanti. Ecco le big tech coinvolte:

  • Microsoft, Google (Alphabet), Amazon, IBM: Offrono infrastrutture cloud e software che supportano le forze armate israeliane, i centri di detenzione e i sistemi di sorveglianza biometrici.

  • Palantir: Potente AI predittiva usata per selezionare “target” militari in aree densamente popolate.

Queste tecnologie non solo identificano i bersagli, ma rendono la guerra più “efficiente”, più letale e più “vendibile” agli investitori. Il tutto sotto il vessillo della sicurezza e dell’innovazione.


Le ruspe del disastro: demolizioni e occupazione

Se c’è una macchina che incarna il genocidio urbano, è il bulldozer D9. Non è un semplice mezzo. È un simbolo.

  • Caterpillar: I bulldozer D9 blindati sono forniti direttamente all’esercito israeliano e usati per distruggere case, ospedali, scuole. La versione “autonoma” è un’arma robotica.

  • Volvo e Hyundai/Doosan: Altri protagonisti nella fornitura di mezzi per le demolizioni.

In questo settore, l’impresa si trasforma letteralmente in strage edilizia. La casa del vicino può essere rasa al suolo con una macchina costruita in Svezia o in Corea.


Energia e sangue: chi alimenta Israele

Anche l’energia ha il suo ruolo centrale. Israele, in stato di guerra permanente, ha bisogno di carburante e gas. Chi glieli fornisce?

  • Chevron (USA) e NewMedEnergy (Israele): Gestiscono il gas dei giacimenti Leviathan e Tamar, vitali per l’economia e l’industria bellica israeliana.

  • Glencore (Svizzera) e Drummond Company (USA): Esportano carbone usato per alimentare la produzione energetica. Nonostante gli embarghi, i flussi continuano.

Queste aziende forniscono l’ossigeno energetico a un sistema militare e coloniale. La guerra è affamata di elettricità. E chi la nutre, ci guadagna.


I signori del denaro: banche e fondi d’investimento

Illustrazione concettuale che mostra grafici finanziari, simboli di valuta (dollaro, euro, yen) e una freccia ascendente, intrecciati con elementi militari come jet da combattimento, un carro armato e proiettili. Un occhio centrale simboleggia la sorveglianza e il controllo, rappresentando il legame tra l'economia globale e l'industria bellica.


Ecco l’altra faccia del potere: la finanza. Dietro ogni missile, c’è un investitore.

  • BNP Paribas, Barclays, Allianz, Vanguard, BlackRock, Fondo Sovrano Norvegese: Acquistano titoli del debito israeliano, investono in aziende coinvolte nella guerra, forniscono liquidità al sistema coloniale.

Francesca Albanese è chiara: senza questo supporto finanziario, Israele non avrebbe le risorse per portare avanti la sua campagna militare. Sono loro i contabili del genocidio.


Colonizzazione turistica: viaggi sul sangue

  • Airbnb, Booking.com: Offrono alloggi nelle colonie israeliane illegali in Cisgiordania, normalizzandole e generando profitti con ogni prenotazione.

Visitare la Palestina oggi significa, in molti casi, soggiornare in una colonia costruita su terra rubata. E il colosso digitale ti offrirà uno sconto con tanto di recensioni a 5 stelle.


Il Business del Genocidio – Parte 2: L’Italia, i nomi segreti e il silenzio che uccide

AZIONI E PRODOTTI UTILIZZATI
Infografica su sfondo marrone che elenca "AZIONI E PRODOTTI UTILIZZATI" con i loghi e le descrizioni delle aziende: Lockheed Martin (caccia F-35), Caterpillar (ruspe D9), Chevron (combustibile per mezzi militari) e Palantir (tecnologia per sorveglianza e profilazione dei Palestinesi), evidenziando il loro ruolo nel conflitto.

Dopo aver svelato l’implicazione di aziende militari, tecnologiche, energetiche e finanziarie nel genocidio di Gaza, analizziamo ora i legami italiani, i dettagli delle oltre 60 aziende coinvolte secondo Francesca Albanese, e le strade legali e popolari per opporsi. Un’indagine senza veli nella rete globale della complicità.


L’Italia che arma e tace: una complicità silenziosa

L’Italia è tutt’altro che neutrale. La nostra partecipazione è concreta e tracciabile:

  • Leonardo S.p.A., ex Finmeccanica, è il fiore all’occhiello dell’industria bellica italiana. Fornisce sistemi radar, tecnologie di sorveglianza e, tramite partnership con Lockheed Martin, partecipa alla produzione degli F‑35, usati direttamente nei raid su Gaza.

  • Il governo italiano, negli ultimi 5 anni, ha approvato oltre 180 milioni di euro di esportazioni militari verso Israele, in netto contrasto con le normative europee che vietano la vendita di armi a paesi coinvolti in gravi violazioni dei diritti umani.

Francesca Albanese lo scrive chiaro:

“Il supporto italiano non è secondario. È essenziale.”

A ciò si aggiungono i porti italiani, spesso utilizzati per il trasporto di materiali bellici, e l’assenza di blocco alle esportazioni, malgrado le pressioni internazionali.


Ecco l’elenco delle aziende coinvolte, secondo il dossier ONU

Il rapporto “From economy of occupation to economy of genocide” cita aziende, fondi e fornitori divisi per categorie. Ecco le principali:

Armamenti e Difesa:

  • Lockheed Martin

  • Raytheon Technologies

  • General Dynamics

  • Northrop Grumman

  • BAE Systems

  • Elbit Systems

  • Israel Aerospace Industries

  • Thales

  • Leonardo S.p.A.

  • Rafael Advanced Defense Systems

Sorveglianza e tecnologie predittive:

  • Palantir Technologies

  • Google (Alphabet)

  • Amazon AWS

  • Microsoft

  • IBM

  • NSO Group

  • Nice Systems

  • Check Point Software

Demolizione e costruzione:

  • Caterpillar

  • Volvo Group

  • Hyundai Heavy Industries / Doosan

  • Manitou Group

  • Terex

Energia e risorse:

  • Chevron

  • BP

  • Shell

  • Glencore

  • Drummond Company

  • NewMedEnergy

Finanza e investimenti:

  • BlackRock

  • Vanguard

  • Barclays

  • BNP Paribas

  • Allianz

  • AXA

  • Fondo sovrano norvegese

  • UBS

  • Citibank

  • HSBC

Turismo e normalizzazione:

  • Airbnb

  • Booking.com

  • TripAdvisor

  • Expedia

Infrastrutture e logistica:

  • Bechtel

  • Siemens

  • General Electric

  • Cisco Systems

  • Motorola Solutions


Quali sono i meccanismi legali che permettono tutto ciò?



Come possono queste aziende agire impunemente? Ecco come:

1. Ambiguità giuridica e complicità istituzionale

Molti paesi non riconoscono ufficialmente il genocidio, e continuano a considerare le operazioni israeliane come “difensive”. Questo lascia spazio a una zona grigia legale, che consente il commercio di armi, software e materiali.

2. Mancato rispetto delle linee guida ONU

L’ONU ha stilato una lista di aziende che traggono profitto dalle attività nei territori occupati (in Cisgiordania e a Gaza), ma nessuna sanzione reale è mai stata attuata, né dalla UE né da singoli stati.

3. Assenza di trasparenza finanziaria

Molti fondi pensione, banche e investitori non comunicano ai propri clienti in cosa investono realmente, rendendo difficile per i cittadini disinvestire consapevolmente.


Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS): la risposta civile

Infografica su sfondo marrone che elenca "CHIAMATE AD AGIRE": il boicottaggio dei prodotti e delle compagnie, il disinvestimento dai contratti con esse, e l'adozione di sanzioni. Rappresenta le strategie di mobilitazione civile.

Francesca Albanese non si limita ad accusare. Invita alla mobilitazione globale. Le tre parole d’ordine sono:

  • BOICOTTARE: Evitare di acquistare prodotti o servizi da aziende coinvolte nel genocidio o nelle colonie israeliane.

  • DISINVESTIRE: Pressare università, fondi pensione, comuni, parrocchie, sindacati affinché ritirino investimenti da aziende che finanziano o traggono profitto dalla guerra.

  • SANZIONARE: Chiedere ai governi di imporre embargo militare, taglio di cooperazioni, blocco di forniture dual use (civile/militare), esclusione dai bandi pubblici.


Quando il genocidio diventa normalità

L’effetto più pericoloso, secondo Albanese, è la normalizzazione della violenza:

“Quando l’economia si adatta al genocidio, il genocidio non è più un’eccezione. È un modello.”

Se aziende come Google e Microsoft guadagnano fornendo intelligenza artificiale a un esercito che bombarda scuole, ospedali e campi profughi, stiamo costruendo un futuro dove il crimine sarà semplicemente parte del business.


Dalla complicità alla coscienza

Le informazioni contenute in questo articolo non sono teorie. Sono documenti ufficiali dell’ONU, supportati da inchieste, dati pubblici, report delle ONG e testimonianze civili.

Chiunque oggi abbia un conto in banca, usi uno smartphone, prenoti su Booking o abbia un fondo pensione, potrebbe essere indirettamente coinvolto.

Ma la consapevolezza è potere.

“Non possiamo più dire di non sapere. Ora che sappiamo, scegliere da che parte stare è l’unico atto morale possibile.” — Francesca Albanese

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